Saul Arpino ritorna…


Avete visto quella faccia della foto in vetrina… chi è quello, sono forse io?
Potrei dire di sì ed anche di no…. Sono io per le convenzioni del mondo, non sono io perché l’io non può essere fissato ad un’immagine momentanea e mutevole.
Quell’io che vedete è un attore che recita in una commedia, in un certo senso non ha nome né forma precisa, come tutti gli attori che possono interpretare vari ruoli.
Ma il mio vero “io” non si manifesta solo nei ruoli ma nella sceneggiatura, nei costumi, nelle parti comprimarie, nella musica, nella regia, nelle luci, negli spettatori… eccetera…


Volendo però dargli un nome chiamerò quell’io Saul Arpino. Un nome inventato? Forse sì e forse no.. il nome potrebbe esistere od avrebbe potuto esistere… mio nonno –ad esempio- avrebbe potuto chiamarsi così… poi per motivi banali, di sopravvivenza bruta, prese a chiamarsi Paolo D’Arpini… ed io voglio seguire il suo esempio -ma al contrario- cambio nome e divento Saul Arpino, perlomeno su questo blog.


A proposito di blog… sentivo il desiderio di crearmi un piccolo palcoscenico sul quale recitare alcune parti che non mi sono consentite in altri spazi. Da questo luogo, che forse mi riporta indietro nel tempo, un ritorno ai dinosauri del passato remoto oppure verso un avanti sconosciuto, non so, mi prenderò la libertà di raccontare e mostrare agli accorti lettori alcune segrete immagini dell’essere… di quel che io sono o non sono, descrivibile o indescrivibile…..


Vostro affezionato, Saul Arpino.

martedì 22 ottobre 2024

Lettera di Giorgio Stern a "Il Giornaletto di Saul"...

 


Carissimo Paolo, anzitutto ti ringrazio per la pubblicità che continui a dare del mio volumetto sul Nord America *. Male te ne incolse, con spudorato coraggio ti chiedo se puoi ridarmi il vostro indirizzo di domicilio (ce l'avevo,  ma è smarrito nella massa dell'archivio) al quale manderò una  dispensuola che da anni diffondiamo a latere del nostro impegno verso la  Palestina.

Poi vado al "sollievo" che mi dà il "giornaletto". In un mondo che sento sempre meno affine, sempre meno "mio". Penso a quando ero bambino (sempre più spesso, sintomo, anzi felice sintomo di vecchiaia) alla guerra trascorsa con mia mamma, e poi nel '46, quando papà tornò dalla prigionia dei giapponesi, la miseria, le difficoltà. Tutto questo accanto alla immensa felicità di essere assieme, di gioire quando si poteva comperare un libro. E parlare e ascoltare papà che mi raccontava delle Rivoluzione cinese (lui era a Shangai dal '39 alla fine del '45). O quando è arrivata una radio, ascoltare, rapiti, musica. La grande musica che mi ha accompagnato nella vita. I miei erano proletari, lavoravano come camerieri sulle barche (così le si chiamava confidenzialmente) del LLoyd Triestino. Mi hanno trasmesso la cultura,  l'educazione, con la parola e con l'esempio. Il rispetto per gli altri, la gioia di apprendere, la felicità di godere della bellezza e la necessità di condividere questi beni con tutti. E nel rispetto mio verso gli altri, il rispetto degli altri verso di me, preteso, quando violato. Sono cresciuto circondato da questa enorme ricchezza che mi ha fatto amare la vita e vivere consapevole, felice.  Se penso a questo (e mi fermo per rispetto del tuo tempo) che non ritrovo più se non nei miei ricordi, mi spiego perchè non sento più come mio il mondo che mi circonda.

E, arrivo al tema, da qui il "sollievo" che questa mattina, come ieri e come domani, mi ha dato il "giornaletto", dove ritrovo i segni della vita del mio tempo.
 

Grazie. A presto,  Giorgio Stern



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