Uscire dal sistema è possibile?
Ricordo che tanti anni fa, quando ero stato bruciato dal "Quarto Potere", ovvero escluso da quei media ufficiali, sia quelli della carta stampata che quelli delle televisioni e radio private e pubbliche, e quindi impossibilitato a svolgere una funzione di "fecondatore e seminatore" di nuove opzioni di intelligenza sociale, ecologica e spirituale, mi lasciai convincere da qualche amico nostalgico ad entrare nel nuovo ambito informatico di Internet, che cominciava allora a compiere i suoi primi passi nel mondo della virtualizzazione.
Questa storia ve l'avevo già raccontata da qualche parte ma oggi, 18 giugno 2025, in prossimità del mio 81° compleanno, ho sentito lo stimolo di rifilarla a quei residui sparuti miei lettori come reminder dell'impossibilità di modificare il destino, sia quello personale che collettivo, con atti volontari.
Caterina, la mia compagna sempre saggia ed onesta, mi rimprovera di buttare inutilmente le mie perle al vento, anzi nel trogolo, e mi invita a lasciare da parte ogni foga nel mio tentativo di voler salvare il mondo. Capisco le sue ragioni ma non posso fare a meno di svolgere le mansioni che penso corrispondano al mio dharma, indipendentemente dalla riuscita. E d'altronde anche la mia apparente foga non è altro che un naturale gesto da seminatore nel campo della vita, la mia e quella di tutti gli altri che mi accompagnano, nutrendo poche o nessuna speranza di riuscita, lasciando solo una piccola traccia nella memoria della psiche collettiva.
Ma a cosa mi riferisco particolarmente? Mi riferisco alla possibilità di salvare il mondo dal declino in cui sta precipitando. Lasciar fare al destino crudele o lanciare un ennesimo grido d'allarme?
La parte di Cassandra però non mi si addice molto, in fondo sono solo un povero vecchietto incartapecorito e distratto, non più abile a salire sulle barricate e nemmeno capace di usare un megafono. E inoltre non mi sono mai visto bene nella funzione del rivoluzionario, tra l'altro la rivoluzione non servirebbe a nulla vista la situazione in cui ci troviamo.
E perché la rivolta non servirà a nulla? Semplicemente perché la maggioranza dei possibili rivoluzionari è inebetita dalle illusioni dell'avere una fonte di sopravvivenza, arrancando nei meccanismi del sistema. Ed in fondo anch'io sono nel mucchio poiché accetto di ricevere una pensione sociale dallo Stato.
E la maggioranza dei componenti del nostro sistema, ovvero quella cittadinanza che ci mangia con questo sistema, impedisce ogni insurrezione anzi partecipa alla repressione. Ognuno di noi svolge la mansione di milite e controllore, come nella società descritta da Orwell. Siamo più o meno tutti ingaggiati nelle forze dell'ordine e compartecipi alla spremitura continua ed alla piaggeria verso il potere che, malgrado tutto, ci sostiene finché restiamo docili meticci. Siamo una società di imprese colluse, mafie, statali, regionali, provinciali, comunali, membri di enti, banche, associazioni massoniche, etc. etc.
Nessuno crede più in un cambiamento possibile, nel meccanismo democratico che ci contraddistingue vota meno del 50% della popolazione ma anche se votasse solo il 30% la maggioranza sarebbe sempre del Sistema, poiché a votare ci andrebbero sempre gli inciuciati dei partiti finti... l'abbiamo visto con l'inversione della sinistra, della destra, del centro, dei populisti, etc. Perché finché dura c'è verdura.
In effetti diceva bene il Degrelle: "Le grandi rivoluzioni non sono politiche o economiche. Queste sono piccole rivoluzioni: un mutamento di macchina. (…) La vera ribellione è assai più complicata: essa rimette a punto non la macchina dello Stato, ma la vita segreta di ogni anima...”
Non ho detto nulla di importante, solo una chiacchierata per passatempo.
Vostro (finché dura c'è verdura), Paolo D'Arpini
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